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Scrivere poesie significa raggiungere una verità di cui non si era consapevoli prima. Mentre scrivi, scopri. Tutte le mie poesie sono organizzazioni cognitive, non sono certo liriche. C’è sempre un movimento, quasi nel tempo: un inizio per raggiungere un luogo d’arrivo; la scrittura non resta ferma, a meno che non siano quelle molto brevi che non hanno il tempo di fare, diciamo, il giro concettuale. È come se attraverso i versi si muovesse un pensiero. Che arriva ad una fine che è sorprendente rispetto all’inizio: il colpo di scena che è il comprendere. Senza questo, considererei le poesie una cosa molto noiosa.



e... le condizioni necessarie per crearla: il silenzio senz'altro, l'ozio, l'immobilità. E anche un'attenzione disarmata, lo stupore, e un io precario.

La poesia è una cosa molto misteriosa. Credo provenga da una certa area del cervello che sta a metà tra quella della musica e quella della parola. Perché suona. E' una parola che suona. Ma in un modo tutto suo che non ha veramente a che fare con la musica, è un altro genere di sonorità.Io credo all'ispirazione, come a un'affezione biologica, una forma del patire, un essere esposti. Ma l'ispirazione da sola non basta alla poesia, bisogna saperla riconoscere e accoglierla.

La cultura vera è invisibile. Ha a che fare con la vita di tutti i giorni, è un modo di essere, un modo di vivere.

E quelli che dicono “le cose vanno così e non ci puoi fare niente”, mentono. Perché le cose non vanno mai così e non c’è niente da fare. Non è vero. C’è sempre qualcuno, uno o più, dieci o cento, che sono miserabilmente responsabili.

Quando una poesia è riuscita?
"Quando si muove. Deve attraversare un territorio. Può anche sembrare bella, ma se resta ferma nel suo tempo e nella sua idea, senza un prima e un dopo, è mezza morta. Che siano tre versi o 300, bisogna che accada qualcosa. Dev'esserci una sorpresa del pensiero. Un eros nella parola".