piazza

L’aria è di tutti, non è di tutti l’aria?
Così è una piazza, spazio di città.
Pubblico spazio ossia pubblica aria
che se è di tutti non può essere occupata
perché diventerebbe aria privata.
Ma se una piazza insieme alla sua aria
è in modo irrevocabile ingombrata
da stabili e lucrose attività,
questa non è più piazza e la sua aria
non è che mercantile aria privata.

(Non c’è più Pantheon e non c’è più Navona,
Campo de’ Fiori è Cuba di Batista.)

Cos’è una piazza, cos’è quel dolce agio
che raccoglieva i sensi di chiunque
abiti a Roma o fosse di passaggio?
E’un vuoto costruito a onor del vuoto
nell’artificio urbano del suo limite.
Se si riempie è per tornare al vuoto
perché a costituirla è proprio il vuoto,
non fosse vuota infatti non potrebbe
accogliere chi  passa e se ne va.
Per dargli maggior credito s’innalzano
fontane e statue: certo sono belle
e grazie al vuoto vantano spendore.
Ma c’è qualcosa che è più della bellezza,
è il loro appartenere necessario
a quel sicuro chiaro spazio vuoto.
E questo è più orgoglioso grazie a loro.
Un vuoto generoso di potere,
una salute certa dello spirito,
un bene di città fatto interiore.
Poveri quelli cui mancano le piazze.

I delegati a conservare il bene
di tutti, cittadini e forestieri,
fuggono il vuoto come peste nera,
per loro il vuoto è vuoto di potere.
Non c’è piazzetta slargo o marciapiede
strada o rientranza che, sequestrata,
non si trasformi in gabbia. Da riempire.
Che cosa la riempie non importa:
chiasso puzze concerti promozioni....

E’ naturale che si vada in piazza,
ci vanno tutti, e certo non c’è piazza
che si attraversi in fretta: quasi una timidezza
rallenta i passi alle fontane, all’acqua
che fa il suo giro e torna su se stessa.
La mente sosta insieme al corpo e guarda
lo spazio e l’aria del riposo, ossia
la piazza.

Dunque una piazza va lasciata in pace,
non è merce da farne propaganda.
Ci pensa lei da sola ad animarsi,
quello che importa è che sia pubblica piazza.
Si vuota si riempie e poi si vuota,
accoglie chi sta fuori e lo contiene
finché sta fuori, che prima o poi dovrà
tornare dentro. E se non è così
non è più piazza, è privata terrazza
o lugubre infinito lunapark.


La felice bellezza negligente
sta ferma intorno a te senza rumore,
l’hai vista, sai che c’è, neanche la guardi.
Era il lusso di andarsene per Roma.
 
Ci sono forse altre città nel mondo
che hanno piazze più belle delle nostre,
piazze perdute alla vista e al cuore
piazze vendute insieme alla città?

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Potremmo ragionare, no?
Si potrebbe ragionare. Sì.
Ma ormai c’è troppa folla in campo
C’è troppo  materiale. E poi le strade
le poche strade che ci sono
servono a scappare.